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La crisi della surmodernità.

Il “mondo della finanza” sembra una bolla altra distante dalla realtà quotidiana, quella realtà che miliardi di persone vivono tutti i giorni sul nostro pianeta, ma non è così la crisi che stiamo vivendo, viene esclusivamente dalla necessità di produzione consumo e speculazione, legata a questo mondo.
I più disparati soggetti attraversano le trame di un pianeta consumato giorno per giorno, perché ricordiamocelo esiste anche uno spread ambientale oltre che uno economico e le risorse del nostro pianeta sono già consumate irrimediabilmente per uno terzo. Le praterie infette della finanza, figlie di una visione quasi religiosa di un mercato senza regole, hanno egemonizzato gli ultimi quarant’anni della vita dell’occidente.
La fine della società intesa come spazio di cooperazione di soggetti ha trionfato partendo dalle narrazioni thatcheriane. I soggetti percepiti solo come monadi in competizione fra loro e il gioco d’azzardo ai danni dei viventi stanno diventando una consuetudine e questo è inaccettabile. Quando un decennio fa una minoranza globale lottava per prevenire le terribili conseguenze che stanno mettendo a ferro e fuoco l’Europa e il mondo la risposta di quel che rimaneva degli stati nazionali e dei potentati globali fu netta e repressiva, la mattanza di Genova è un esempio lampante.
Così la degenerazione di un sistema che ha fatto del virtuale il suo punto di sussistenza si è sviluppata e dentro il neoliberismo globale, la voglia di arrivare ad accumulare denaro si è sprigionata fino a toccare il suo limite. Perché lo sappiamo come funziona un’economia capitalista: consuma fino a che non arriva al limite e poi cerca di scavalcarlo attraverso altre vie di sfruttamento. Su queste basi abbiamo vissuto in quella che l’antropologo Marc Augè ha definito la “surmodernità” l’epoca dell’ eccesso e del consumo sfrenato di una minoranza del pianeta mentre un’altra parte viveva fuori da questa possibilità. Come al solito l’ingordigia infinita del capitale, ci ha portato al default di questo modello e ora arriva il rovescio della medaglia di un sistema che ha tolto potere al “lavoro” effettivo, che ci ha illusi di poter consumare infinitamente sempre sulle spalle di qualcun altro.
Se pochi anni fa la decrescita era un moda quasi stilistica, una corrente filosofica interpretata da alcuni come “il capitalismo al negativo” ora si fa sempre più una necessità, se non vogliamo finire dentro un sistema che sfrutterà sempre di più coloro che fino a pochi anni fa erano consumatori “liberi”.
E chi rappresenta l’elite di questo sistema: i bancari, gli speculatori, tantissimi burocrati politici vassalli della globalizzazione selvaggia, che hanno svenduto la possibilità di dare una direzione all’economia, quelli che hanno “consumato” la categoria del lavoro, della cooperazione e hanno definitivamente celebrato l’homo “economicus” sempre e comunque in cerca di una massimizzazione del profitto. Così si è passati a un gioco al massacro che ha fatto diventare l’ossessione senza limite per l’accumulo di denaro una normalità, l’incapacità e la non volontà di dare regole al mercato ha trasformato l’economia finanziaria un mondo volontariamente “autistico”, che consciamente rifiuta di confrontarsi con gli umani e gli altri essere viventi che lo tengono in piedi.
Ben venuti nell’era del finanz-capitalismo distruttivo.
Jacopo Zannini antropologo

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Grecia: NO alla repressione

Se sei un sindacalista che lotta per garantire che non siano i lavoratori a pagare per la crisi finanziaria globale che non hanno causato, sembra che il 2012 sarà un anno impegnativo.
Giovedì 24 novembre 2011 la polizia greca ha arrestato Nikos Photopoulos, Presidente del sindacato dei lavoratori dell’energia GENOP/DEI, insieme a più di una dozzina di suoi colleghi sindacalisti.
Saranno in tribunale martedì 10 gennaio 2012, per affrontare accuse che potrebbero portare alla loro incarcerazione per un massimo di cinque anni.
Stavano protestando contro una delle misure di austerità della Grecia – il taglio del energia elettrica a chi non è in grado di pagare una nuova tassa di proprietà, riscossa indipendentemente da reddito o ricchezza, aggiunta a tutte le bollette di energia elettrica.
La nuova imposta è solo la più recente azione di ‘austerità’ dal governo greco.
Le prossime saranno l’abolizione del salario minimo nazionale e l’abbassamento delle tasse sul lavoro pagate dagli imprenditori.
Dedica un momento per inviare un messaggio al primo ministro greco a sostegno della campagna della confederazione sindacale Greca GSEE, che chiede che le accuse siano fatte decadere.

Basta fare click QUI per inviare il messaggio.

E per favore non dimenticare di inoltrare questo messaggio ai tuoi contatti, e di usare i tuoi account witter, Google+ e Facebook per aiutarci ad spargere la voce.

Grazie.

Eric Lee

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Un audit per i cittadini

Questo appello proviene dalla Francia per creare una commissione di audit del debito pubblico in grado di visionare come è fatto quel debito, come è stato contratto a favore di chi e di quali interessi. Noi vogliamo fare nostra questa proposta per rivedere in profondità l’entità del debito pubblico italiano accumulato nel tempo per favorire rendite, profitti, interessi di casta e di una ristretta elite e non certo per favorire le spese sociali, l’istruzione, la cultura, il lavoro. Una proposta che serve per impostare un’altra politica economica, del tutto alternativa a quella avanzata in questi anni dai vari governi che si sono succeduti e improntata alla redistribuzione della ricchezza, alla valorizzazione dei beni comuni, del lavoro, del welfare, dell’ambiente contro gli interessi del profitto e della speculazione finanziaria. Una politica economica per il 99% contro l’1% del pianeta.

Scuole, ospedali, alloggi d’urgenza…Pensioni, disoccupazione, cultura, ambiente…viviamo quotidianamente l’austerità finanziaria e il peggio deve venire. «Noi viviamo al di sopra dei nostri mezzi», questo è il ritornello che ci viene ripetuto dai grandi media. Ora «occorre rimborsare il debito» ci si ripete mattina e sera. «Non abbiamo scelte, occorre rassicurare i mercati finanziari, salvare la buona reputazione, la tripla A». Non accettiamo questi discorsi colpevolizzanti. Non vogliamo assistere da spettatori alla rimessa in discussione di tutto ciò che ha reso ancora vivibile le nostre società, anche in Europa. Abbiamo speso troppo per la scuola e la sanità oppure i benefici fiscali e sociali dopo venti anni hanno prosciugato i bilanci? Questo debito è stato contratto nell’interesse generale oppure può essere considerato in parte come illegittimo? Chi possiede questi titoli e approfitta dell’austerità? Perché gli Stati devono essere obbligati a indebitarsi presso i mercati finanziari e le banche mentre queste possono farsi concedere prestiti direttamente e a un costo più basso dalla Banca centrale europea? Non accettiamo che queste questioni siano eluse o affrontate alle nostre spalle da esperti ufficiali sotto l’influenza delle lobbies economiche e finanziarie. Vogliamo dire la nostra nel quadro di un ampio dibattito democratico che deciderà del nostro avvenire comune. In fine dei conti, siamo dei giocattoli nelle mani degli azionisti, degli speculatori e dei creditori oppure cittadini, capaci di deliberare insieme sul nostro avvenire? Noi ci mobiliteremo nelle nostre città, nei quartieri, nei villaggi, nei nostri luoghi di lavoro, lanciando l’idea di un grande audit del debito pubblici. Vogliamo creare sul piano nazionale e locale dei collettivi per un audit dei cittadini con i nostri sindacati e associazioni, con esperti indipendenti, con i nostri colleghi, i vicini, i concittadini. Prenderemo in mano i nostri destini perché la democrazia riviva.

Marie-Laurence Bertrand Cgt;Jean-Claude Chailley Résistance sociale; Annick Coupé Union syndicale solidaires; Thomas Coutrot Attac; Pascal Franchet Cadtm; Laurent Gathier Union Snui-Sud Trésor solidaires; Bernadette Groison Fsu; Pierre Khalfa Fondation Copernic; Jean-François Largillière Sud Bpce; Philippe Légé Économistes atterrés; Alain Marcu Agir contre le Chômage!; Gus Massiah Aitec; Franck Pupunat Utopia; Michel Rousseau Marches européenne; Maya Surduts Collectif national pour les droits des femmes; Pierre Tartakowsky Ligue des droits de l’homme; Patricia Tejas Fédération des finances Cgt; Bernard Teper Réseau education populaire; Patrick Viveret Collectif richesse;Philippe Askénazy, économiste; Geneviève Azam, économiste; Étienne Balibar, philosophe; Frédéric Boccara, économiste; Alain Caillé, sociologue; François Chesnais, économiste; Benjamin Coriat, économiste; Cédric Durand, économiste; David Flacher, économiste; Susan George, écrivain; Jean-Marie Harribey, économiste; Michel Husson, économiste; Stéphane Hessel, écrivain; Esther Jeffers, économiste; Jean-Louis Laville, sociologue; Frédéric Lordon, économiste; Marc Mangenot, économiste; Dominique Méda, sociologue; Ariane Mnouchkine, artiste; André Orléan, économiste; Dominique Plihon, économiste; Christophe Ramaux, économiste; Denis Sieffert, journaliste; Henri Sterdyniak, économiste.

Adesioni: www.rivoltaildebito.org

Fonte: IL MANIFESTO del 29-11-2011

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Il debito non lo paghiamo

Ieri mattina a Trento, davanti alla sede della Banca d’Italia, si sono riuniti i “draghi ribelli”, i quali in mobilitazione verso il 15 ottobre, giornata dell’indignazione europea, hanno ribadito che il debito non sono disposti a pagarlo, che gli unici su cui deve pesare l’ormai incolmabile debito pubblico sono coloro che l’hanno creato: la casta dei politici, sempre pronti a difendere i propri interessi, le lobby delle finanza mondiale e le banche, che speculando sulle spalle della gente e arricchendosi sempre più, tolgono spazi di democrazia e spiragli per un futuro degno a coloro che fanno fatica ad arrivare a fine mese, a chi non riesce ad arrivarci proprio, a chi quotidianamente è sfruttato e ricattato, a chi non può prospettarsi un futuro se non fatto di miseria e precarietà costante.
Perchè il tentativo della Banca Centrale Europea di ridefinire le relazioni economiche e la qualità dei diritti, che cos’è se non un continuo piano per salvare la casta distruggendo il welfare stesso?!
I continui piani d’austerity e la diminuzione dei diritti devono essere contrastati per riappropriarsi di una democrazia sempre più lesa.
Oggi i “draghi ribelli” trentini, sono andati a ribadire che le vite valgono più dei pareggi di bilancio, che un altro modello economico sociale è possibile, se e solo se lo si costruisce dal basso, tutti uniti, ragionando su come saper incidere sulle questioni che ogni giorno affrontano uomini e donne che (soprav)vivono in questo paese.
La banca è stata bloccata simbolicamente con del nastro rosso-bianco e con uno striscione che lanciava un messaggio preciso: “NOI IL DEBITO NON LO PAGHIAMO-TUTT* A ROMA IL 15 OTTOBRE!”, mentre gli attivisti in piazza volantinavano l’appello del coordinamento 15 ottobre trentino che invitava la gente a scendere a Roma per soverchiare il rapporto “diritti-legge del mercato”, per dire che costruire un’alternativa in questo stato di cose è possibile, non utopistico.

E con 7 pullman da Trento più di 350 persone partiranno alla volta di Roma, uniti per costruire un’alternativa.

Coordinamento verso il 15 ottobre

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Anche Filcams e Fiom a Roma il 15 ottobre

Grasselli (Fiom) e Caramelle (Filcams): «È un movimento contro il sistema economico che salva le banche e fa fallire gli Stati e il loro welfare».
Ci saranno anche Fiom e Filcams del Trentino alla manifestazione del 15 ottobre a Roma, quando la Capitale diventerà uno dei nodi della rete internazionale di mobilitazione contro le politiche di austerity, di riduzione dei diritti e di taglio alla spesa pubblica inaugurate dai Governi di moltissimi Paesi per far fronte alla crisi del debito sovrano. I sindacati delle lavoratrici e dei lavoratori del metalmeccanico e del commercio organizzeranno anche una serie di pullman per chiunque dal Trentino volesse scendere a Roma e partecipare alla manifestazione.
Per le prenotazioni è sufficiente contattare l’ufficio accoglienza della Cgil del Trentino telefonando al numero 0461 303911.
Le partenze sono fissate sabato 15 ottobre alle ore 5 del mattino dal piazzale ex Zuffo a Trento e alle ore 5.30 dal casello A22 di Rovereto Sud.
In una conferenza stampa, i segretari generali di Fiom e Filcams, Roberto Grasselli e Roland Caramelle, hanno ricordato come quella di sabato 15 ottobre sarà una giornata di mobilitazione globale. «Sta nascendo un movimento – hanno spiegato all’unisono Grasselli e Caramelle – che radicalizza la critica al sistema economico, un sistema che salva le banche ma rischia di far fallire gli Stati e con essi i sistemi di protezione sociale e la democrazia. Sabato a Roma, come in tutte le altre piazze d’Europa e del mondo, si incontreranno giovani e lavoratori per chiedere con forza una società diversa e più giusta, un nuovo modello di sviluppo».
E se le politiche di austerity e di taglio alla spesa sociale accomunano ormai i diversi Paesi alle prese con la riduzione del debito, in Italia la situazione si fa addirittura drammatica. «È a rischio la democrazia – denunciano i segretari di Fiom e Filcams – perché le politiche economiche non sono in mano al Parlamento eletto dal popolo, ma alla Bce e al Fmi. E a complicare tutto c’è un governo che punta a concedere alle imprese mano libera, attaccando i diritti dei lavoratori, garantendo la libertà di licenziamento e mettendo in soffitta il contratto nazionale, mentre banchieri e imprenditori sfruttano la crisi per speculare e per garantirsi i propri privilegi».
Per i due sindacalisti, però, i nodi stanno arrivando al pettine. Ne sono testimonianza il successo dello sciopero generale della Cgil del 6 settembre scorso e le tante mobilitazioni che stanno nascendo in Italia nel silenzio di media e governo: dalle lotte degli operai di Fincantieri, a quelle dei dipendenti di Irisbus e dei lavoratori di Termini Imerese, due stabilimenti del gruppo Fiat.
«Non è più tempo – sostengono Grasselli e Caramelle – di vagheggiare velleitari patti tra capitale e lavoro, perché sono troppi i conflitti aperti. La vicenda Fiat, poi, è emblematica: il Governo, invece di approntare una vera politica industriale e di pretendere impegni certi dal gruppo di Torino e Detroit, avvalla le richieste dell’azienda di eliminare diritti fondamentali e di limitare drasticamente la democrazia sui luoghi di lavoro, dimenticando che la crescita economica in Italia si è fondata negli anni ’60 proprio sulla centralità delle lotte per la dignità del lavoro e sull’estensione della democrazia anche in fabbrica. È quindi fondamentale partecipare alla manifestazione del 15 ottobre per ribadire il ruolo centrale dei lavoratori come catalizzatori delle lotte, che a diverso titolo e con diverse modalità – da quelle dei migranti a quelle delle donne, da quelle per la tutela dell’ambiente a quelle per la pace, fino a quelle degli studenti per una scuola pubblica di qualità – stanno infiammando anche il nostro Paese».

Filcams Fiom Trento

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